Brani celebri dell’Iliade

Citazioni di brani celebri dell’Iliade.

Protasi (o invocazione alla Musa)

Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
generose travolse alme d’eroi,
e di cani e d’augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l’alto consiglio s’adempía), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de’ prodi Atride e il divo Achille.
E qual de’ numi inimicolli? Il figlio
di Latona e di Giove. Irato al Sire
destò quel Dio nel campo un feral morbo,
e la gente pería: colpa d’Atride
che fece a Crise sacerdote oltraggio.
{Iliade, libro I – Protasi – traduzione di Vincenzo Monti}

L’ira di Achille

Non son venuto già per odio dei prodi Troiani
a questa guerra, io no: ché mai non mi fecero torto,
mai rapito non mi hanno cavalli né mandre di bovi,
non hanno mai distrutte le messi nei solchi di Ftia
fertile, altrice di genti: ché sono fra l’isola e loro
molte montagne ombrose, e il mare dall’eco sonora;
ma, svergognato, per te ti seguimmo, per farti contento,
per vendicar Menelao dall’offesa troiana, e te stesso,
ceffo di cane; ma tu non ci pensi, ma nulla t’importa.
Ed or vai minacciando che vuoi ripigliarmi il mio premio,
che dato m’han gli Achivi, che tanta fatica mi costa!
Pari alla tua non è mai la mia parte, allorché dei Troiani
mettono a sacco qualche città popolosa gli Achivi:
ché anzi, quando infuria la guerra, la parte più dura
la compion queste mani; ma quando si sparte il bottino,
è la tua parte più grossa di molto, piccina è la mia;
e me ne torno, stanco di pugne, con quella a miei legni.
Ma questa volta, a Ftia me ne torno; ché val molto meglio
salir le navi, e in patria tornare: non vo’ senza onore
accumulare qui per te sostanze e ricchezze».

…avranno forse un giorno desire d’Achille gli Achivi
tutti; ché tu non potrai, per quanto ti dolga, aiutarli,
allor che tanti e tanti morenti cadran sotto i colpi
d’Ettore sterminatore: tu allor dovrai roderti il cuore
nel cruccio tuo, che il piú forte negasti onorar degli Achivi.

Certo, un dappoco, un uomo da nulla chiamato sarei,
se a te, qualunque cosa tu ordini, ceder dovessi.
Questi comandi ad altri rivolgi, a me no: dètta legge
agli altri, non a me: ch’io non sono disposto a ubbidirti.

{Iliade, libro I – ira di Achille contro Agamennone }

Le stirpi degli uomini sono simili a foglie…

Simili sono le stirpi degli uomini a stirpi di foglie.
Le foglie, queste a terra le spargono i venti, e la selva
altre ne germina, e torna di nuovo a fiorir primavera:
cosí le stirpi umane, spunta una, quell’altra appassisce.
{Iliade, libro VI – incontro tra Glauco e Diomede}

Ettore e Andromaca

Ettore, dunque per me tu sei padre, sei tenera madre,
fratello sei per me, sei florido sposo. Oh, t’imploro,
muoviti adesso a pietà! Rimani con noi sulla torre,
non lasciar orfano il bimbo, né vedova me tua compagna!
{Iliade, libro VI – Andromaca supplica Ettore}

«Giove, e voi tutti, o Numi, deh!, fate che tale divenga
questo mio figlio, quale sono io, dei Troiani l’insigne,
forte cosí di membra, sicuro signore di Troia.
E quando ei tornerà dal campo, taluno abbia dire:
«Questi è più forte molto del padre!». E, trafitto il nemico,
rechi di sangue intrise le spoglie; e s’allegri la madre».
Detto cosi, fra le braccia depose alla sposa diletta
il suo bambolo. Andromaca al seno odoroso lo strinse,
e fra le lagrime rise. E vide lo sposo quel riso,
e si commosse, e a farle carezza distese la mano:
«O poverina! — le disse — non stare ad affliggerti troppo:
ché contro il fato nessuno potrà giù nell’Ade piombarmi:
ché la sua sorte, ti dico, nessuno degli uomini schiva,
né buono, né malvagio, come essa per lui sopraggiunga.
Via, dunque, adesso, a casa ritorna, ed all’opere attendi,
alla tua rocca, al telaio, partisci comandi alle ancelle,
ch’esse lavorino. E gli uomini, quanti ne nacquero in Ilio,
— io più che tutti gli altri — dovranno pensare alla guerra».
{Iliade, libro VI – ultime parole di Ettore ad Andromaca}

Achille ancora adirato

Poiché predare bovi si possono, e floride greggi,
tripodi puoi conquistare, cavalli di bionda cervice;
ma che ritorni d’un uomo lo spirito, quando la cerchia
lasciò dei denti, cosa non è che si predi o s’acquisti.
E Tèti a me lo disse dai piedi d’argento, mia madre,
che me duplice fato conduce alla fine mortale:
se qui resto, se intorno combatto alle mura di Troia,
più non ritornerò, ma sarà la mia gloria immortale;
se a casa invece torno, se torno alla terra materna,
spenta sarà la mia gloria, ma lunga sarà la mia vita,
né sopra me piomberà veloce il destino di morte.
{Iliade, libro IX – Achille risponde ai messaggeri di Agamennone}

Le ultime parole di Patroclo

«Ettore, mena adesso gran vanto, ché Giove Cronide
e Apollo, han dato a te vittoria, che m’hanno abbattuto
senza fatica. Ch’essi dagli omeri l’armi m han tolte:
se venti come te venuti mi fossero incontro,
sotto la lancia mia sarebbero tutti caduti.
Ora, la Parca funesta m’uccise, e il figliuol di Latona
ed il mortale Euforbo. Tu terzo m’hai presa la vita.
E un’altra cosa ancora ti dico, e tu figgila in mente:
neppur la vita tua durare dovrà troppo a lungo,
ma presso già ti stanno la Morte e la Parca funesta:
cader sotto le mani dovrai dell’Eàcide Achille».
{Iliade, libro XVI – Ultime parole di Patroclo}

Le ultime parole di Ettore

«Ben ti conosco, e già solo guardandoti, intendo che mai
ti piegherei: ché un cuore di ferro nel seno tu chiudi.
Bada però, che su te la mia morte il furore dei Numi
non susciti, quel giorno che Paride e Apòlline Febo
te prostreranno, per quanto gagliardo, alle porte Sceèe».
Cosí diceva; e un velo su lui l’ultima ora diffuse;
e dalle membra lo spirto volò verso l’Ade, gemendo
la sorte sua, la forza perduta, ed il fiore degli anni.
{Iliade, libro XXII – ultime parole di Ettore}

Priamo supplica Achille

«Achille, abbi rispetto dei Numi, ricorda tuo padre,
abbi di me compassione: di lui molto più n’ho bisogno,
ché io patito ho quanto niun altri patì dei mortali,
io che alle labbra appressai la mano che il figlio m’uccise».
Cosí disse. E una brama gl’infuse di pianger pel padre.
La man gli prese, e il vecchio da sé dolcemente respinse.
E, nei ricordi immersi, l’uno Ettore prode piangeva
dirottamente, steso dinanzi ai piedi d’Achille:
ed il Pelide anch’egli piangeva, or pensando a suo padre,
ora a Pàtroclo; e tutta suonava di pianto la casa.
{Iliade, libro XXIV – supplica di Priamo}